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La figura della sirena!


Abbiamo parlato della fiaba originale, del suo essere una rappresentazione della vita dolorosa dello scrittore, di come ancora oggi ispiri molti giovani e altre opere derivate, ma aspettate un attimo: cosa sono esattamente le sirene? Qual è la loro origine? Perché ancora oggi ci ammaliano così tanto?




Le Sirene nell’antica grecia


Le prime rappresentazioni delle Sirene sono con metà corpo di uccello e metà corpo di donna, quasi sempre con artigli (che non hanno lo scopo di rapire, che era destinato alle Arpie simili nell’aspetto) e a volte potevano avere la parte inferiore a forma di uovo. Eppure, il plurale femminile nell’antica lingua greca Seirênes, nella sua forma maschile significa “vespe” o “api” e si ricollegavano alla figura di Penfredo, una delle Graie (“Vergini simili a cigni”). Non era raro, quindi, trovare anche raffigurazioni maschili nei pittori vascolari, con la barba ma sempre con le forme che richiamavano gli uccelli.

Per la loro natura ci sono tre miti: quello che le vogliono punite da Afrodite con un incantesimo perché disprezzata dalle vergini sirene per i suoi amori, quello che le vede punite per Demetra per non aver impedito il rapimento di Persefone da parte di Ade e Ovidio, come ultima ipotesi, pensava che avessero chiesto agli dei la loro forma di uccello per cercare meglio la perduta Persefone. Ma possiamo vedere anche altre origini di queste creature: Apollonio Rodio dice che erano figlie di Acheloo (o Forco, in altre fonti) che era la divinità fluviale e marina figlia di Teti e Oceano; Libanio ricorda che Eracle aveva staccato un corno al dio acquatico quanto lottò con lui per conquistare Deianira e dalle sue gocce di sangue, quindi, sono nate le sue figlie, le sirene; figlie di Acheloo le vuole anche Pseudo-Apollodoro, dando loro come madre una delle Muse, Melpomene, e racconta che c’è una profezia sul loro conto: se anche una nave fosse sfuggita al loro canto, sarebbero morte.

Per ricollegarci al mito dell’oltretomba, si diceva che con le melodie dell’Ade riuscissero anche a placare i venti ed erano così onniscienti. Inoltre, questo collegamento è presente anche in Euripide, nell’Elena, quando la protagonista invoca le “piumate vergini” per consolarla con flauto e cedra (infatti le sirene erano legate al mondo della musica non solo per il canto, ma anche con la lira e il doppio flauto - aulos) e, la loro rappresentazione nei corredi delle tombe, fece presupporre che fossero creature presenti nelle dimore dei defunti o che li aspettassero alle porte degli Inferi per consolare le loro anime con il loro canto e accompagnarli nell’Ade.

Perciò, possiamo notare una natura un po’ contraddittoria: se da un lato erano dannose per gli uomini, ammaliati dai loro canti, dall’altro con essi erano per loro consolatrici nel viaggio verso l’oltretomba.


Le abitanti di un’isola presso Scilla e Cariddi


Come abbiamo visto le sirene hanno origine greca, e nell’antichità classica erano raffigurate nell’Odissea di Omero come abitatrici di un’isola presso Scilla e Cariddi, disseminata di cadaveri in putrefazione, che incantavano e facevano morire i marinai che incautamente vi sbarcavano. Nell'Odissea, queste creature tentano Odisseo con la conoscenza “onnisciente” che fa di solito perdere i propri legami familiari e civili, interrompendo così il proprio viaggio, e questo fatto era fortemente condannato da Omero. Infatti, sarà l’aiuto di Circe a permettere di superare a Odisseo indenne l’isola.


«Tu arriverai, prima, dalle Sirene, che tutti gli uomini incantano, chi arriva da loro. A colui che ignaro s'accosta e ascolta la voce delle Sirene, mai più la moglie e i figli bambini gli sono vicini, felici che a casa è tornato, ma le Sirene lo incantano con limpido canto, adagiate sul prato: intorno è un mucchio di ossa di uomini putridi, con la pelle che raggrinza» (Omero, Odissea XII, 39-46)


Omero non le descrisse mai fisicamente, probabilmente perché all’epoca, tramite altri racconti (come Giasone e gli Argonauti) si sapeva bene quale fosse il loro aspetto: ovvero quello di donne per metà uccello, orribili di aspetto ma con voci e canti ammaliatori.

Di solito erano raffigurate come un gruppo di tre: Partenope, Leucosia e Ligea. Secondo un racconto antico si uccisero buttandosi in mare dopo non essere riuscite a trattenere l’eroe: Partenope si arenò sulla spiaggia di quella che divenne Napoli e vennero dedicati a lei giochi annuali, le Lampadedromie; Leucosia emerse dal golfo di Poseidonia (Paestum) dando il nome a un’isoletta, Punta Licosa; infine, Ligea venne ritrovata sulla riva tirrenica della Calabria, presso la città di Terina dove ora sorge Lamezia Terme e infatti la sirena era rappresentata anche nelle monete di Terina.

Non a caso furono scelte mete italiane: in età antica si riteneva che le sirene abitassero proprio nell'Italia meridionale.


L’arrivo della coda di pesce


La sirena dell’immaginario collettivo europeo è arrivato molto dopo le prime figure greche, a partire dal Medioevo la tradizione le volle raffigurare con l’aspetto di belle fanciulle con la coda di pesce al posto della gambe. Il primo testo nel quale vengono descritte con questo aspetto è il Liber monstrorum de diversis generibus che dichiarava:



«Le sirene sono fanciulle marine che seducono i marinai con la bellezza del corpo e la dolcezza del canto. Dalla testa fino all'ombelico hanno aspetto di vergine, del tutto simili a creature umane. Hanno però code squamose di pesce, che nascondono sempre sott'acqua.»

(Liber monstrorum de diversis generibus, I, VI)




Eppure, anche se assenti nella Bibbia (la presenza di queste figure affonda le sue radici nel paganesimo, non solo greco-romano, ma anche estrusco, celtico e orientale), non è raro trovarle agli ingressi delle chiese o nei capitelli, mentre si pettinano o specchiano: attraverso le credenze popolari, le sirene - grazie alle loro origini di seduzione - erano rappresentazioni del peccato, come la lussuria, ecco il perché erano messe a monito dei credenti per non cadere nei peccati carnali. Dall’altra parte, in un paganesimo ancora più antico, era rappresentata come la dea madre (che da e toglie la vita, guarisce, nutre, custodisce, vede, sente e sa, ama, tesse e collega), ma anche simbolo positivo di fertilità e di protezione per gli edifici religiosi.



Sirene nel mondo


In realtà possiamo vedere raffigurazioni di sirene già in epoca mesopotamica e, per il suo aspetto pisciforme, la dea assira Atargatis è considerata la prima “sirena! della storia dell’umanità. Ma quali sono le differenze nel mondo? Vediamole insieme attraverso le leggende!


Europa


In Cornovaglia abbiamo una delle più note raffigurazioni di una sirena (scultura lignea in altorilievo su una sedia) che racconta una storia, che si dice sia davvero accaduta, che si intitola La sirena di Zennor, dove un ragazzo riuscì a incantare con la sua voce una sirena, salita sulla terraferma per lui e che ogni domenica entrava in chiesa per sentirlo cantare nel coro. Un giorno il ragazzo sparì, dopo essere stato portato a Cove Pendour dalla sirena e ancora oggi, nelle calde serate estive, nell’insenatura chiamata “Mermaid Cove” si può ascoltare tra il fragore delle onde il canto felice dei due amanti.









In Irlanda, invece, si narra di Lí Ban, giovane ragazza trasformata in una sirena immortale mentre affogava nel Lough Neagh. Dopo 300 anni, la sirena fu battezzata da Comgall di Bangor e scese di rinunciare alla sua immortalità per salire in paradiso.











Nel folklore scozzese incontriamo la Ceasg, sirena dalla coda di salmone che se catturata, in

cambio della libertà ti offre tre desideri, ma che in origine poteva essere stata una divinità delle acque alla quale venivano offerti sacrifici umani (secondo il folclorista Donald Alexandre Mackenzie).









Nella tradizione danese, invece, hanno il potere di far sparire la coda e camminare sulla terraferma, diventando ragazze bisognose di aiuto e, se ne facevi entrare una in casa, ella ti portava con sé sott’acqua, facendoti annegare.

Varsavia porta come stemma ufficiale quello di una sirena con spada e scudo, e non è una casualità: si dice che una sirena si fosse innamorata di quella che oggi è la Città Vecchia, e si fosse stabilita lì, portando allegria al luogo e allietando le serate dei pescatori con il suo canto. Un giorno, però, un avido mercante, la rapì per poterla portare alle fiere e guadagnare esibendola al pubblico, ma la giovane, dopo molti pianti e richieste d’aiuto, venne salvata da un ragazzo. Da allora, lei decise che se mai avessero avuto bisogno di aiuto, lei sarebbe tornata da loro. In un’altra storia si diceva che in realtà le sirene erano due sorelle.



Asia


Anche nel mondo orientale le sirene sono figure ricorrenti: nelle versioni cambogiane e tailandesi, Sauvannamaccha è una principessa sirena; sirene e tritoni sono figure molto popolari nel folclore filippino che sono conosciuti rispettivamente come Sirena (deriva dallo spagnolo) e Siyokoy; in Cina le lacrime delle sirene diventano pesce, mentre le ningyo giapponesi sono sirene dal brutto aspetto, al contrario di quelle europee.



Africa

In alcuni popoli africani c’è la credenza di spiriti acquatici per metà pesci e metà umani, ma molti hanno forme diverse come serpenti o coccodrilli, se adesso ci sono delle sirene con coda di pesce anche in quei luoghi è grazie alle navi che arrivavano dall’Europa nel 1500. La più famosa è Mami Wata, divinità delle acque.



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